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Guida agli Investimenti Passivi

Oggi si parla di Investimenti passivi, sicuramente scorgerete subito l'occhio sugli ETF, gli strumenti che copiano il benchmark di riferimento in maniera totalmente passiva; insomma, lo strumento più facile per coloro che si stanno addentrando nei mercati finanziari e vogliono iniziare a capire come funzioni il mercato. In realtà però dietro agli investimenti passivi non si trova soltanto una categoria di strumento finanziario ma una vera e propria filosofia che poggia le proprie basi su costanza e rigor mentis. La parola passivo all'inizio può sembrare poco attraente, soprattutto se accostata al mondo di oggi, in continuo mutamento e costante velocità. Eppure la forza dell’approccio sta proprio in questo ribaltamento di prospettiva: investire in maniera passiva significa smettere di inseguire l’illusione di controllare il mercato ogni giorno e comprendere che il tempo, più delle singole mosse, è la leva che fa crescere davvero un capitale.

Per capire come questa filosofia sia arrivata a diventare un riferimento quasi obbligato bisogna guardare a ciò che accadeva qualche decennio fa. Allora l’accesso ai mercati era riservato a pochi professionisti, e la gestione attiva appariva come la via naturale per orientarsi in un ambiente complicato. I fondi comuni dominavano la scena e i gestori promettevano di battere l’indice grazie alle loro capacità. Per molto tempo questa visione ha resistito, almeno fino a quando dati concreti non hanno mostrato quanto fosse difficile ottenere risultati migliori del mercato con costanza. Molti studi condotti nelle università e college americani affermano che nel lungo periodo i fondi attivi, quindi gestiti attivamente, performano peggio del benchmark, confermando dunque la teoria che battere il mercato sia estremamente difficile, soprattutto farlo con costanza. Ciò non significa che sia impossibile, altrimenti non riusciremmo a spiegarci gestori come Warren Buffet, ma la probabilità che accada è molto sfavorevole. In un contesto del genere gli ETF hanno avuto la possibilità di crescere in quanto replicando il mercato non c'è bisogno di una gestione attiva(ricordiamola, sfavorevole); caratterizzandola dunque di costi decisamente ridotti rispetto alla più antiquata gestione attiva. Per chi inizia a costruire un portafoglio, la combinazione tra costi contenuti e diversificazione è un punto di forza quasi imbattibile.. Per un giovane investitore la differenza di costi è più che significativa, perché le commissioni di gestione non sono solo spese, ma riducono nel tempo l’effetto dell’interesse composto. Un punto percentuale in più di costi annui può sembrare poco nell’immediato, ma su un orizzonte di venti o trent’anni diventa una somma enorme, capace di erodere guadagni che avrebbero potuto lavorare per noi. La gestione passiva quindi non è solo più semplice, è anche più efficiente, perché taglia il superfluo e lascia che siano i mercati stessi a fare il loro corso.
Il bello dell’approccio passivo è che non chiede di prevedere il futuro, chiede solo di parteciparvi. Invece di scommettere su quale settore o azienda farà meglio domani, si decide di investire nell’insieme del mercato, accettando che alcune aziende andranno male, altre andranno benissimo, ma che la somma di tutte nel lungo periodo tende a crescere. Non si tratta di cieca fede, ma di osservazione storica: nonostante guerre, crisi, crolli e pandemie, gli indici azionari globali hanno mostrato una tendenza positiva nel corso dei decenni. Chi ha mantenuto posizioni diversificate e pazienza è stato premiato, mentre chi ha inseguito le mode spesso si è scottato.
Questo non significa che l’investimento passivo sia privo di rischi. Significa però che sposta il rischio da un singolo titolo o settore alla scommessa più ampia sul sistema economico. Se credi che nel complesso il mondo continuerà a produrre ricchezza, innovazione e utili, allora il mercato nel suo insieme crescerà. Certo, ci saranno cicli negativi, periodi bui, ma la storia ci mostra che ogni crisi è stata superata e che il progresso di lungo periodo ha prevalso. L’investitore passivo non vive nell’illusione di evitare i ribassi, ma accetta di attraversarli sapendo che nel tempo verranno compensati dalle fasi di crescita.

Un altro elemento che rende efficace l’investimento passivo è la possibilità di applicare un piano di accumulo costante. Accumulare costantemente permette innanzitutto di evitare la decisione del quando investire nei mercati, evitando dunque possibili scenari di allocazione in periodi di forte crescita e prezzo troppo alto; secondo poi di diminuire il rischio legato all'investimento PIC. Quando i mercati scendono si comprano più quote, quando salgono se ne comprano meno, e nel lungo periodo la media dei costi si livella. È una strategia noiosa rispetto alla frenesia del trading, ma è proprio questa noia che produce risultati. Il giovane che oggi comincia a investire anche solo piccole somme in ETF diversificati, lasciando lavorare il tempo, avrà tra venti o trent’anni un capitale significativo che difficilmente avrebbe potuto accumulare con speculazioni occasionali.
L’approccio passivo non è nemmeno sinonimo di immobilismo assoluto. Ci sono scelte da fare, come decidere l’allocazione tra azioni e obbligazioni, oppure se privilegiare mercati sviluppati o emergenti. Ma queste scelte sono di ordine strategico, non tattico. Si compiono guardando al proprio orizzonte temporale e al proprio profilo di rischio, e una volta stabilite non vengono cambiate di continuo. È questa coerenza che distingue l’investimento passivo da un approccio reattivo, che insegue continuamente il trend del momento. Molti giovani temono che investire in modo passivo significhi accontentarsi di rendimenti medi, e in un certo senso è così. Ma la parola medio non va letta come negativo. Significa rinunciare alla speranza di essere il genio che batte tutti, ma anche ridurre drasticamente la probabilità di essere quello che perde tutto. Significa puntare a un percorso solido, regolare, che cresce insieme al mercato globale. Ed è proprio questo equilibrio tra realismo e ambizione che rende l’approccio adatto a chi ha davanti decenni di vita finanziaria.
Un altro punto cruciale riguarda la psicologia. L’investimento passivo riduce le decisioni da prendere e quindi riduce le possibilità di sbagliare per impulso. Invece di chiedersi ogni giorno se comprare o vendere, ci si affida a un piano già stabilito. Questa disciplina aiuta a evitare gli errori più comuni: vendere nel panico quando i mercati scendono o comprare nell’euforia quando salgono. La semplicità non è solo operativa, è anche mentale, e in un mondo dove l’informazione e l’emozione sono costanti, avere meno scelte immediate è un vantaggio enorme.
Ovviamente non mancano le critiche. Alcuni sostengono che se tutti investissero in modo passivo i mercati smetterebbero di funzionare correttamente, perché nessuno farebbe più analisi sui singoli titoli. È un argomento interessante, ma nella realtà siamo lontani da questa situazione. La quota di mercato della gestione passiva è cresciuta molto, ma la presenza di investitori attivi rimane forte. Inoltre basta una minoranza attiva per garantire che i prezzi riflettano comunque l’analisi. Per un giovane investitore quindi la questione è marginale: ciò che conta è la propria capacità di costruire ricchezza nel tempo, non il dibattito teorico sul destino dei mercati. Guardando al 2025, l’interesse verso gli investimenti passivi è alimentato anche dalla consapevolezza che le crisi geopolitiche rendono difficile ogni previsione. Con le tensioni fra Stati Uniti e India, con il rischio sempre presente di shock energetici e con un contesto globale polarizzato, l’idea di poter anticipare ogni movimento del mercato è quasi un’illusione. L’investimento passivo offre un antidoto a questa ansia, perché libera dalla necessità di avere sempre un’opinione pronta. Non importa cosa succede domani o la prossima settimana, importa cosa succederà nei prossimi venti o trent’anni. E su quell’orizzonte le fluttuazioni del breve periodo diventano rumore.

C’è infine un aspetto di libertà personale che spesso non viene sottolineato. Investire in modo passivo permette di dedicare meno tempo ai mercati e più tempo ad altre attività della vita. Significa non essere costretti a seguire notizie economiche ogni ora, ma avere la serenità di sapere che il proprio piano lavora in automatico. Per molti giovani questo può essere un sollievo, perché significa poter concentrarsi su studio, carriera, passioni, senza dover diventare esperti di finanza per gestire i propri risparmi. È una democratizzazione dell’investimento, che lo rende accessibile a tutti senza richiedere competenze specialistiche. In definitiva la guida agli investimenti passivi non è un manuale di strumenti, ma un invito a un cambio di mentalità. Significa accettare che non serve essere più intelligenti del mercato per costruire ricchezza, basta essere disciplinati, pazienti e coerenti. Significa rinunciare all’illusione del colpo di fortuna per abbracciare la certezza della crescita composta nel tempo. Significa trasformare l’investimento da fonte di ansia e adrenalina a strumento silenzioso che lavora per te mentre vivi la tua vita. Per un giovane che si affaccia oggi sui mercati, bombardato da pubblicità di trading e testimonianze di guadagni miracolosi, scegliere la strada passiva può sembrare meno affascinante, ma è spesso quella che conduce più lontano.


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