Dal 2023 ad oggi il prototipo di ricerca delle informazione è variato molto. L'AI è passato da un concetto di nicchia ad essere globalizzato in brevissimo tempo diventando così una forza in grado di trainare con se centinaia di milioni di dollari. Le aziende hi-tech e coloro che sviluppano questi software hanno visto il valore delle loro azioni schizzare in alto finendo così all'occhio di milioni di investitori in giro per il mondo pronti a dare fino all'ultimo centesimo per le loro azioni. In un certo senso questo periodo potrebbe ricordare la fine degli anni 90, il periodo delle DOT-COM, che speriamo non dover ricopiare per filo e per segno. Tuttavia duole fare i conti con la realtà e ad oggi si sta quasi rimarcando quel lontano periodo ma in tempi molto più rapidi, colpa anche di un mondo che gira a ritmi sempre più veloci e cicli economici che velocizzano sempre di più.

Dal punto di vista dei mercati, l’AI non rappresenta soltanto un settore tematico su cui allocare capitale. È un fattore trasversale che influenza interi comparti: dalla manifattura alla sanità, dalla logistica alla finanza. Questa natura pervasiva implica che il suo impatto potenziale vada ben oltre le performance di qualche titolo tecnologico. Le Machine Learning e le Deep Learning erano strumenti già presenti nelle banche dati per esempio di gestori del credito o dalle autorità vigilanti per cercare di scoprire qualche illecito; non nascono dunque dal nulla ma sono frutto di un processo in espansione, arrivato ora a disposizione dell'investitore comune. Per l'investitore navigato il quesito da porsi non è se investire nell'AI o meno, ma come farlo in modo da non esporsi troppo e cercare una strategia che coniughi nel miglior modo il rapporto rischio/rendimento. Il fatto che questi servizi siano in mano a poche aziende espone l'investitore in una situazione sfavorevole: la valutazione affibbiata potrebbe essere troppo alta; al contrario però il non investire comporterebbe una perdita di opportunità e renderebbe il portafoglio "obsoleto" rispetto al trend che il mercato sembra voler cavalcare.
L’analisi dell’AI come opportunità di investimento richiede un approccio a più livelli. Da un lato, occorre valutare le aziende che sviluppano direttamente la tecnologia: produttori di chip specializzati, software house, startup di ricerca avanzata; dall'altro bisogna dover capire quali sono le aziende che
riusciranno a trasformare l'AI in un vantaggio competitivo rispetto alle aziende del proprio settore di appartenenza. Qui il contesto macroeconomico potrebbe venire in nostro supporto: l'AI richiede grandi quantità di dati ed infrastrutture, oltre innumerevoli risorse di calcolo, e tutto ciò implica investimenti da parte di governi, politiche industriali mirate, oltre al contesto di privacy, etica e sicurezza.
Il precedente biennio ci ha mostrato come l'Ai sia in grado di spostare innumerevoli quantità di denaro semplicemente con piccole aggiunte, come il rilascio di nuovi modelli linguistici o la nuova funzione di Chat GPT-5. In questo contesto la gestione attiva potrebbe regalare grandi benefici agli investitori più spavaldi, soprattutto se in grado di interpretare i pensieri degli investitori e le proiezioni di lungo periodo dei modelli di business dei vari competitor. Ma c’è un aspetto meno discusso che merita attenzione: l’AI non influenza solo cosa comprare, ma anche come si investe. Le piattaforme di trading algoritmico stanno integrando sistemi sempre più sofisticati per ottimizzare esecuzioni e identificare inefficienze. Fondi quantitativi e gestori macro stanno utilizzando modelli predittivi basati su AI per calibrare l’esposizione in funzione di variabili macro e microeconomiche. In altre parole, la tecnologia è al tempo stesso un asset tematico e uno strumento che ridefinisce la stessa gestione degli investimenti.
Nel lungo periodo, l’investitore che saprà distinguere tra hype e valore intrinseco, tra mode passeggere e vantaggi competitivi duraturi, potrà beneficiare dell’AI come leva di crescita e protezione. L’abilità sarà quella di osservare il fenomeno non come una corsa all’oro indiscriminata, ma come un’evoluzione strutturale che richiede un’analisi continua, multidisciplinare e, soprattutto, la capacità di rivedere le proprie ipotesi man mano che la tecnologia e i mercati si trasformano.
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